di Valter Fiore, 5 settembre 2008
Molti animali sono morti e continuano a morire per assurdi esperimenti sul fumo.
Ci sono degli ambiti di ricerca in cui la sperimentazione animale rivela più palesemente che in altri tutta la sua inconsistenza scientifica, la manipolabilità dei risultati a interessi di parte, e la sua intrinseca illogicità. Uno di questi ambiti è quello delle ricerche sul fumo di sigaretta.
Oggi il cancro ai polmoni è piuttosto diffuso (secondo per mortalità dopo quello allo stomaco), ma non è sempre stato così [1]. Nel 1878 rappresentava solo l'1% tra tutti i tipi di tumore maligni diagnosticati all'Istituto di Patologia dell Università di Dresda, percentuale che è salita al 14% nel 1930. Inquinamento e industrializzazione tra le cause? No, o non solo, in quanto la diffusione di questa patologia cresceva in modo analogo in paesi che non presentavano questi fattori di rischio.
Con l'invenzione della macchina per produrre sigarette di J. Bonsack verso la fine dell'ottocento, il fumo di sigaretta acquistò sempre maggiore popolarità. Popolarità che crebbe ulteriormente dopo la I Guerra Mondiale e fino agli anni '60, parallelamente alla crescita dei casi di tumore, fino a quando cominciarono ad circolare una quantità sempre maggiore di informazioni che evidenziavano i gravi rischi per la salute connessi al fumo.
Già nel 1929 Fritz Lickint pubblicò un articolo in cui evidenziava una correlazione tra fumo di sigaretta e cancro ai polmoni. Nel 1940 l'Istituto Tedesco per la ricerca sui rischi del tabacco pubblicò uno studio relativo a 109 casi di cancro dove solo tre soggetti erano non fumatori. Altre ricerche dei primi anni '50 di Doll e Hill in Inghilterra e Hammond e Wynder negli Stati Uniti dimostrarono, sempre su base epidemiologica (cioè sulla base di studi statistici sulla popolazione), il legame esistente tra fumo di sigaretta e cancro ai polmoni.
L'accettazione della correlazione tra tabagismo e cancro ai polmoni non fu però immediata. Anzi, dovettero passare decenni prima che questa diventasse parte della coscienza comune e in seguito trovasse riscontro in disposizioni legislative di contrasto al fumo. Molti tra gli stessi medici erano fumatori, e anche studiosi di primo piano come Hueper o Carson, che pure condussero battaglie importanti contro i danni provocati dall'uso di sostanze chimiche nell'industria, tardarono a considerare l'importanza del fumo nella patogenesi dei tumori polmonari.
Ma non si è certo trattato solo di personali e comprensibili resistenze e rimozioni: ben più gravi furono i reiterati tentativi di negare l'evidenza portati avanti dall'industria del tabacco. Ancora nel 1968 [2] la Philip Morris dichiarava che "non si è ancora avuta nessuna chiara dimostrazione dei danni del fumo da sigaretta nonostante i milioni di dollari spesi in ricerca": cioè in sperimentazione su animali. Sì, perché fu proprio grazie ai controversi risultati della vivisezione che il cartello del tabacco ebbe buon gioco nel condurre la propria battaglia difensiva.
Questi esperimenti consistevano nel far inalare forzatamente fumo di sigaretta agli animali: se era troppo difficile far fumare un topo o un coniglio, si applicava una cannula direttamente nella trachea e da li si pompava il fumo. Dopo un certo tempo gli animali venivano uccisi e analizzati [3]. Ma evitiamo la galleria degli orrori, e vediamo alcune caratteristiche di queste ricerche. Ricerche che non sono terminate quando finalmente la pericolosità del fumo è stata largamente accettata, ma che continuano tuttora.
Dal 2002 il NIH (National Institute of Healt - Istituto nazionale della salute degli USA) ha speso 16,5 milioni di dollari per test sulla nicotina [4] su animali in gravidanza o neonati, e questa cifra è riferita solo a questi particolari tipi di esperimenti. La doppia assurdità di questi esperimenti è che gli animali non fumano volontariamente e quindi le sostanze tossiche del fumo non possono arrivare all'organismo in modo minimamente analogo a quanto avviene per l'uomo. La nicotina sui neonati viene somministrata con il cibo o attraverso catateri venosi, o direttamente nello stomaco, oppure essi vengono esposti al fumo attraverso l'utilizzo di una "smoking machine" (su internet si trovano i cataloghi illustrati di questi strumenti di sofferenza, ad esempio sul sito della Teague Enterprises.
Nessun uomo sta chiuso per otto ore al giorno in una scatola in cui pompano fumo di sigaretta, o si fa impiantare un catatere nello stomaco attraverso il quale assumere nicotina: il modo di somministrazione e quindi l'assorbimento cambia radicalmente: solo i vivisettori possono fare finta di non rendersene conto.
Su PubMed, la raccolta di bibliografia scientifica disponibile on-line, possiamo poi farci un'idea della quantità di studi sul fumo condotti con l'utilizzo di animali: ne sono censiti oltre 15.000. Se poi ripetiamo la ricerca raffinandola per anno di pubblicazione scopriamo che negli ultimi 10 anni sono oltre 6.000 al ritmo costante di 5-600 l'anno. E per ognuno di questi studi si "sacrificano" (come amano dire i vivisettori quasi si sentissero dei sacerdoti che sacrificano agli dei) almeno qualche decina di animali.
Sempre tramite una ricerca su PubMed, J. Balcombe per il PCRM [5], analizzando articoli pubblicati nel 2004, ha individuato decine di "studi" su roditori che altro non erano che conferme sul "modello animale" di dati già noti da molto tempo grazie a studi clinici ed epidemiologici sugli umani. Come sempre, si fanno esperimenti su animali per confermare, o per spacciare per "scoperte", ciò che già si conosce sull'uomo. Oppure per cercare di sostenere la validità teorica del metodo vivisettorio.
"Tutti le evidenze che collegano il cancro del polmone e il fumo vengono dall'esperienza umana. Allo stesso modo, il radon è stato riconosciuto come cancerogeno umano ben prima che alcune sperimentazioni su animali lo evidenziassero come tale. E' probabile che né il fumo, né il radon, sarrebbero stati considerati cancerogeni se non si fosse correlato l'aumento della malattia, precedentemente rara, alla crescita del consumo delle sigarette o a specifiche condizioni di lavoro. E' interessante notare che la tossicologia sperimentale ha contribuito ben poco alla comprensione di questa malattia. Sono molto pochi - alcuni potrebbero dire nessuno - gli studi nei quali è stato inequivocamente dimostrato che il fumo di tabacco può causare il cancro ai polmoni negli animali da laboratorio". Lo afferma Hanspeter Witschi in un articolo pubblicato sulla rivista "Toxicological Sciences". [1]
Fonti:
[1] Hanspeter Witschi, A Short History of Lung Cancer, Toxicological Sciences, 2001
2]
Of Human and Non-Human Animal, The strange case of smoking animals, tobacco companies and research, 24 maggio 2006
[3] BUAV, Tobacco and alcohol experiments
[4] IDA USA,
Campagna: Animal lives up in smoke
[5] PCRM, "Animal Smoking Experiments part II", novembre 2004
Crimini nascosti
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Se non hai il coraggio di guardare cosa succede nei laboratori di vivisezione, a maggior ragione: