di Stephen R. Kaufman, M.D., Murry J. Cohen, M.D. e Steve Simmons
Originale:
www.mrmcmed.org/aids.html
I finanziamenti destinati alla ricerca di una cura per l'AIDS finiscono per la maggior parte in progetti di sperimentazione su animali. Il Medical Research Modernization Committee (MRMC) ha identificato alcuni problemi scientifici fondamentali nella sperimentazione su animali, considerata nel suo complesso (1) e in particolare nella ricerca sull'AIDS (2). L'opuscolo del MRMC 'A Critical Look at Animal Experimentation' analizza sia le leggi riguardanti la sperimentazione su animali sia le ragioni politiche e sociali per cui governo, centri medici ed Istituti di ricerca continuano a supportarla; descrive, inoltre, metodi di ricerca efficaci ed affidabili.(1)
Secondo un'indagine condotta nel 1996 dall'Office of AIDS Research che ha suscitato un discreto interesse da parte dei media, alcuni progetti "inadeguatamente" presentati come ricerche sull'AIDS hanno ricevuto "una percentuale cospicua" dei fondi stanziati per combattere l'AIDS dagli Istituti nazionali di ricerca (NIH) (3).
Alcuni ricercatori in cerca di riconoscimenti hanno dato fondo agli stanziamenti destinati alla ricerca sull'AIDS conducendo su animali esperimenti di utilità estremamente dubbia. Dal momento che gli animali non umani non si ammalano di AIDS in natura, la sperimentazione animale provoca artificialmente delle condizioni che simulano l'AIDS per certi aspetti, ma ne differiscono per altri.
Gli scimpanze' sono gli unici animali non umani in possesso di un sistema immunitario che puo' essere infettato con l'HIV-1, la causa della maggior parte dei casi di AIDS. Su circa cento scimpanze' infettati con l'HIV-1, nel corso di un decennio, soltanto due si sono ammalati. I ricercatori hanno quindi evitato di informare il pubblico su quanto siano simili le condizioni di malattia di questi due scimpanze' con la forma di AIDS che colpisce gli umani. In ogni caso, molti ricercatori che studiano l'AIDS sostengono che gli scimpanze' non sono adatti per lo studio di questa malattia, in quanto raramente sviluppano una patologia dopo l'infezione da HIV. Possono ammalarsi soltanto dopo un lungo periodo di tempo e sono una specie protetta.
Nelle ricerche sull'AIDS, gli scimpanze' sono stati utilizzati principalmente per studiare dei vaccini, ma non possono garantire risultati affidabili. Diversamente da quanto avviene nel sistema immunitario umano, in quello degli scimpanze' la reazione all'HIV-1, mediata da anticorpi o da cellule, e' debole. (4).
Inoltre, il sistema immunitario degli scimpanze' differisce da quello degli umani nelle percentuali di linfociti T4 e T8 (5), una differenza che rende la reazione immunitaria degli scimpanze' all'infezione da HIV-1 non paragonabile a quella umana (6).
Come avvertono James Scott e Neil Almond, gli studi di vaccini condotti su scimpanze' possono risultare totalmente inapplicabili negli umani: innanzitutto, gli scimpanze' sono troppo pochi per poter essere usati in numero sufficiente da ottenere risultati statisticamente rilevanti; secondariamente, le infezioni da HIV-1 indotte artificialmente sono differenti dalla forma che il virus presenta in natura. Infine, la replica molto piu' limitata dell'HIV-1 negli scimpanze' fa si' che le vaccinazioni siano efficaci contro il virus molto piu' facilmente negli scimpanze' che negli umani. (7).
Gli studi condotti su persone rimaste immuni all'AIDS nonostante la presenza cronica di infezione da HIV (8) offrono possibilita' molto maggiori per scoprire metodi atti a migliorare la resistenza umana all'HIV, rispetto ad esperimenti condotti su scimpanze'. Un altro fattore che mina la validita' della ricerca sull'AIDS condotta su scimpanze' e' lo stress sofferto da questi animali - altamente sociali, intelligenti e sensibili - a causa dell'isolamento, dell'ambiente artificiale dei laboratori, dell'interazione con gli umani, o degli spazi inadeguati in cui vengono stabulati. Lo stress indotto dalle condizioni di laboratorio altera le risposte immunitarie e rende confusi i dati (9). Se c'e' qualcosa che abbiamo imparato dagli studi condotti su scimpanze', e' che anche piccole differenze nelle funzioni del sistema immunitario possono influenzare profondamente il corso e la risposta al trattamento delle malattie infettive.
Le varie forme del virus da immunodeficienza delle scimmie (SIV) non sembrano causare la malattia nei loro ospiti naturali - ne' in laboratorio, ne' in natura. Tuttavia, possono causare malattie da immunodeficienza in altre specie di scimmie infettate artificialmente in laboratorio. Il SIV del cercocebo moro, ad esempio, puo' infettare le scimmie rhesus.
Tutte le forme di SIV differiscono notevolmente da quella causata dall'HIV-1. Alcune forme di SIV, pero', somigliano all'HIV-2 (10), che negli umani causa una sindrome di immunodeficienza meno aggressiva di quella legata all'HIV-1 ed è responsabile di molto meno casi di AIDS.
In una recente analisi delle ricerche sull'AIDS basate sulla sperimentazione animale, Ann Lewis e Philip Johnson sostengono che gli studi sul SIV possono chiarire i meccanismi dell'infezione da HIV-1 (11). Tuttavia, poiche' il SIV differisce significativamente dall'HIV-1 ed infetta le scimmie piuttosto che gli esseri umani, i meccanismi del SIV e dell'infezione da HIV-1, con ogni probabilita', differiscono sostanzialmente. Non sorprende che la nostra reale conoscenza della patologia dell'AIDS e della sua patogenesi derivino da studi condotti su umani malati di AIDS (12).
Lewis e Johnson, inoltre, sostengono che, per studiare vaccini e terapie contro l'HIV-1, i ricercatori possono usare efficacemente il SIV (11). Eppure, loro stessi notano un problema cruciale nel ricorrere al SIV per la ricerca di un vaccino contro l'AIDS: gli esseri umani malati di AIDS producono degli anticorpi contro una determinata glicoproteina, presente sullo strato esterno dell'HIV, mentre le scimmie infette da SIV non producono questi anticorpi (scimmie infettate con virus chimerici, composti da un nucleo di SIV e da uno strato esterno contenente le glicoproteine dell'HIV-1 hanno mostrato soltanto dei bassi livelli di questi virus, senza ammalarsi) (11).
Inoltre, il ricercatore Ronald Desrosiers, che ha studiato il SIV, riconosce che i risultati degli esperimenti fatti con il SIV "variano notevolmente a seconda del tipo di virus usato" (13). Poiche' i risultati ottenuti con forme diverse di SIV non possono essere estrapolati in modo attendibile da uno all'altro, come si possono estrapolare all'HIV-1 dei risultati ottenuti con il SIV, che ne differisce in misura sostanziale?
Michael Wyand conclude che gli esperimenti sull'AIDS condotti su animali hanno rivestito un "ruolo minore" nello sviluppo di vaccini e farmaci contro l'AIDS. Wyand nota come questi siano stati dapprima studiati in proteine, cellule e tessuti isolati, per poi procedere testando direttamente su tessuti umani quelli considerati sicuri in base ai test in vitro, con "scarse informazioni utili in merito alla loro efficacia" ricavate dalla sperimentazione su animali. Una delle ragioni per cui la sperimentazione su animali gioca un ruolo minore in questo processo, secondo Wyand, e' la diffusa mancanza di fiducia nel valore predittivo dei "modelli animali", relativamente all'infezione da HIV negli umani (14).
Come notano Bennett e Hart, il virus dell'immunodeficenza felina (FIV) e' "piu' strettamente connesso" con i lentivirus dei non-primati (che infettano cavalli, pecore e bovini) che non all'HIV (15). L'infezione da HIV si verifica attraverso un legame con un particolare recettore cellulare e l'infezione da FIV rende immunodeficienti molti gatti, ma l'infezione da FIV indotta in laboratorio non sembra comportarsi in questo modo (11). Molto probabilmente, per causare l'immunodeficienza, la FIV ha bisogno di un'infezione parallela, simile a quelle riscontrate nei gatti che vivono in casa, assente negli ambienti di laboratorio.
Poiche' nei topi con immunodeficienza combinata severa (SCIDTM) i linfociti T e B (necessari per il funzionamento del sistema immunitario) non funzionano, il loro sistema immunitario non rigetta il trapianto di cellule immunitarie umane, comprese quelle infettate con HIV-1. Tuttavia, anche quando vengono loro trapiantate cellule immunitarie umane, i topi malati di SCIDTM non sviluppano un sistema immunitario umano, dal momento che un sistema del genere identificherebbe i tessuti del topo come estranei, attaccandoli e distruggendoli. I topi malati di SCIDTM con cellule immunitarie umane trapiantate ed infettate con HIV-1 non sviluppano alcuna malattia simile all'AIDS da questo virus, che, all'interno del loro corpi, si replica soltanto in misura limitata (16,17). Dopo sette anni di esperimenti sui topi malati di SCIDTM, Johnson e Lewis notano: "la possibilita' di ricorrere a questo modello non è ancora del tutto definita" (11).
Per lo studio dell' AIDS il NIH Office of AIDS Research (OAR), in un suo report del 1996, raccomanda la ricerca di base (3). Sfortunatamente, il report sostiene la sperimentazione su animali, intesa come strumento utile per ottenere informazioni rilevanti: un sostegno che risulta ingiustificato. Considerando le raccomandazioni dell'OAR, infatti, la ricerca condotta su umani consente con molte maggiori probabilita' di conoscere l'HIV ed il modo in cui infetta gli umani. Ad oggi, le scoperte fondamentali sui meccanismi dell'AIDS e sulla sua terapia sono derivate esclusivamente da studi in vitro ed in vivo condotti su umani. Viceversa, gli animali infettati con vari virus di immunodeficienza non consentono affatto di riprodurre in maniera fedele la sindrome umana dell'AIDS.
Per quanto riguarda il trattamento dell'infezione da HIV, i farmaci contro l'AIDS sono stati sviluppati grazie a studi condotti su colture di tessuti umani (18). Allo stesso modo, le infezione opportunistiche e le forme maligne riscontrate comunemente nei pazienti malati di AIDS differiscono da quelle che colpiscono gli animali con altre sindromi di immunodeficienza. Di conseguenza, la ricerca sulle malattie opportunistiche riscontrate in animali non umani non può spiegare per quale motivo molti pazienti di AIDS soffrano di polmonite, pneumocisti o sarcoma di Kaposi.
Nella ricerca di un vaccino contro l'AIDS, gli studi sulle malattie di immunodeficienza non umane probabilmente rimarranno inutili. I ricercatori dovrebbero, piuttosto, studiare gli umani HIV-positivi che non sviluppano l'AIDS. Per concludere, il progresso nella comprensione delle funzioni del comportamento di trasmissione dell'AIDS richiede necessariamente la ricerca sociologica ed epidemiologica sugli esseri umani.
Nella sua vasta analisi degli esperimenti relativi all'AIDS condotti su animali, l'MRMC ha identificato errori scientifici fondamentali in tutti gli esperimenti analizzati, e nessuna prova che questi esperimenti abbiano dato un contribuito significativo alla prevenzione o alla cura dell'AIDS. Tutte le specie differiscono tra loro, sia nel sistema immunitario che in altri sistemi, ed anche delle piccole differenze possono implicare grandi conseguenze. Gli umani possono essere infettati dall'HIV molto piu' facilmente di qualsiasi altro animale.
Secondo Stott e Almond, possiamo sapere quale "modello" animale sia il migliore soltanto "quando capiamo la patogenesi dell'AIDS e quando abbiamo vaccini e terapie che lo prevengano" (7). Quest'affermazione coglie l'insensatezza fondamentale della sperimentazione su animali; la validità delle informazioni ottenute sugli animali può essere valutata soltanto confrontandola con informazioni gia' ottenute sugli umani. L'esistenza delle informazioni sugli umani, pero', rende superflue le informazioni sugli animali. Nonostante i generosi finanziamenti ricevuti, la ricerca sull'AIDS basata sulla sperimentazione animale e' stata improduttiva e non c'è motivo di credere che possa rivelarsi più utile in futuro.
1. A Critical Look at Animal Experimentation Perspectives on Medical Research.. New York, Medical Research Modernization Committee, 1995. See also MRMC's monograph series
2. Committee on Animal Models in Biomedical Research. New York, MRMC, 1995.Aping Science: A Critical Analysis of Research at the Yerkes Regional Primate Research Center.
3. Report of the NIH AIDS Research Program Evaluation Working Group of the Office of AIDS Research Advisory Council AIDS Research, March 13, 1996.. Washington, D.C., Office of
4. Ferrari G., Ottinger J., Place C., Nigida S. M. Jr., Arthur L. O., Weinhold K. J. The impact of HIV-1 infection of phenotypic and functional parameter of cellular immunity in chimpanzees. AIDS Research and Human Retro-viruses 1993;9:647-656.
5. Nara P., Hatch W., Kessler J., Kelliber J., Carter S. The biology of human immunodeficiency virus-1 IIIB infection in the chimpanzee: correlations. Journal of Medical Primatology 1989;35:343-355.In vivo and in vitro
6. Karzon D. T., Bolognesi D. P., Koff W. C. Development of a vaccine for the prevention of AIDS, a critical appraisal. Vaccine 1992;10:1039-1052.
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10. Simon F., Matheron S., Tamalet C., et al. Cellular and plasma viral load in patients infected with HIV-2. AIDS 1993;7:1411-1417.
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12. DeVita V. T.Jr., Hellman S., Rosenberg S. A. Although the authors do not explicitly state that animal experimentation has failed to contribute to understanding or treatment of AIDS, their detailed review of AIDS-related research clearly demonstrates that human clinical investigation has played the primary role. AIDS Etiology, Diagnosis, Treatment, and Prevention, 3rd Edition. Philadelphia, JB Lippincott, 1992.
13. Desrosiers R. C. Non-human primate models for AIDS vaccines. AIDS 1995;9(suppl A):S137-S141.
14. Wyand M. S. The use of SIV-infected rhesus monkeys for the preclinical evaluation of AIDS drugs and vaccines. 1992;8:349-356.AIDS Research and Human Retroviruses
15. Bennett M., Hart C. A. Feline immunodeficiency virus infection- a model for HIV and AIDS? Journal of Medical Microbiology 1995;42:233-236.
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17. Klotman P.E., Ray P. et al. Transgenic models of HIV-1. AIDS 1995;9:313-324.
18. Mitsuya H., Broder S. Strategies for anitviral therapy in AIDS. Nature 1987;325:773-778.
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